Ricordava spesso quando, diciassettenne, aveva disputato le sue prime partite: della passione, e dell’emozione – sua e di tutta la squadra – ad ogni meta segnata, ad ogni vittoria.
Perché Mario Mazzuca il rugby lo aveva incominciato ad amare da ragazzo, e gli è rimasto fedele per tutta la vita. Così quando con altri amici, nel 1974 fondò il CIAR, Club Italia Amatori Rugby, realizzò una cosa naturale, che lui, insieme agli altri, avevano sempre saputo: questo sport o lo si ama, o non lo si può seguire e tantomeno praticare.
E poco importava che a livello internazionale la FIRA, Federation international de Rugby Amateurs, volesse invece significare che tale sport era praticato da “dilettanti” nel senso di “non professionisti” del pallone, in questo caso ovale.
E lo spiegava a noi figli, e più tardi al nipote. La differenza con il calcio. La necessità del sacrificio, dello spirito di squadra, del rispetto delle regole, degli avversari. La passione disinteressata.
Ricordo quando a Napoli da bambina – avrò avuto forse quattro o cinque anni – mi portava con lui la domenica a vedere la Partenopea, sul campo, e il giocatore Scodavolpe (credo alto due metri) mi prendeva in braccio, ed io… avevo paura da lassù!! Ed i ripetuti viaggi a Pasqua, in Francia, al seguito della Nazionale o della Giovanile che anno dopo anno si alternavano a giocare la tradizionale partita d’oltralpe.
Mio padre Mario fu il primo presidente del CIAR, e ne era orgoglioso.
Per molti anni Vice Presidente della Federazione Italiana Rugby e mai Presidente, poiché tale carica non era compatibile con il suo incarico di alto dirigente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano.
Solo nel 1973 su nomina della Giunta esecutiva del CONI ne divenne Commissario Straordinario al fine di contribuire a risolvere i gravi problemi in cui versava in quel periodo la FIR.
Penso ci sia riuscito, visto che fu riconosciuto tra i Pionieri del Rugby Italiano, considerato Benemerito del Rugby, ricevette L’Ovale d’Oro con Fronda e la Medaglia d’Oro al Merito Sportivo. Molti anni dopo Roma e Napoli gli hanno intitolato dei toponimi cittadini ed infine è stato celebrato nel 2010 con un francobollo dallo Stato Italiano, sicuramente una meta per un rugbista.
I quaranta anni del CIAR sono anche una sua vittoria. E non solo perché vi si trovano tanti amici che lo conobbero, ma soprattutto perché costituisce uno stimolo verso le giovani generazioni, anche nel ricordare la propria storia.
Nella fase attuale, dopo l’entrata nel 6 Nazioni, il Rugby ha interessato ampi strati di popolazione, è approdato in TV, viene usato nella pubblicità per propagandare la bontà e l’onestà di un prodotto. Mio padre Mario Mazzuca ne sarebbe felice, ed orgoglioso. Sono più di trent’anni che ci ha lasciati, ma credo che se fosse ancora qui con noi direbbe che è importante che non se ne perda lo spirito iniziale, quella peculiarità di virtù che avevano fatto del Rugby uno sport diverso, costituito da veri “Amateurs”, in senso letterale e nel senso traslato.
On. Carla Mazzuca Poggiolini